Però, l’attrazione era forte e, pertanto, continuai ad ascoltare, fino a che mi giunse un’intuizione: il grande impatto che il testo aveva su di me nasceva dal fatto che la poesia appariva sensata ai miei occhi, alla mia sensibilità, solo se vista come un mirabile esempio di dialogo interiore tra due sé dell’io narrante (o forse proprio dell’autore).
Da qui la forte attrazione verso il testo e da qui l’iniziale disagio, tipico di chi si confronta con un enigma: sì, così tutto tornava!
Un Sé, generalmente rinnegato, aveva trovato, in un determinato periodo del passato, la forza o l’opportunità di esprimersi, di salire sul palco; una parte trasgressiva, animalesca, sensuale, primordiale, empatica, rapace. E ciò aveva provocato, comprensibilmente, uno sconvolgimento anche su Jane, la compagna del protagonista, alterando i rapporti di coppia.
Esprimendosi, questa “voce” aveva dimostrato di fatto che certe sofferenze, certa cupezza di Jane non erano invincibili, ma potevano essere gestite, compensate, allontanate, curate proprio da quell’energia, sì preesistente, immanente, ma fino a quel momento inespressa. Questo era il dono e il significato del suo passaggio, del suo affiorare, del suo palesarsi.
“And thanks for the trouble you took from her eyes
I thought it was there for good so I never tried.”
Poi, la vita era rientrata nei binari, le varie parti si erano ricomposte, riconoscendosi nei loro ruoli, vantaggi e supremazie: l’assassino, ormai lontano, era diventato fratello, il nemico amico. Ma il lascito di quel ladro gitano, di quel ladro di donne era ancora lì, presente, a distanza di anni e lui, ormai silente, non mieteva più vittime: il poeta lo descrive alla stazione, vestito con un impermeabile logoro in attesa di donne che non scenderanno dal treno o, se lo faranno, non sarà per lui…
E la parte un tempo tradita ed ora “vincente” arriva persino ad incitare l’altro sé a considerare che da troppo tempo vive sterilmente, in un casa solitaria, spersa nel deserto; quasi un invito a manifestarsi di nuovo.
Visto così, il testo acquisiva un significato profondo, una valenza psicologica, una grandezza umana. Per me, ovviamente. E spiegava i troppo stridii di un’interpretazione tanto letteraria, quanto forzata.
Nel tuo personale “Famous blue raincoat”, quali energie si confronterebbero?
Quali sarebbero i loro ruoli?
E quale sarebbe il lascito ancora visibile del passaggio del Sé rinnegato?
P.S.: Ovviamente, ti consiglio caldamente di ascoltare “Famous blue raincoat”; trovo meravigliose le esibizioni di Leonard Cohen a Londra nel 2008 e a Dublino nel 2014, nonché le versioni di Glen Hansard, soprattutto quella con l’accompagnamento di Javier Mas.