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I contain
multitudes

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Un celeberrimo verso di Whitman recita: "Mi contraddico? Ebbene sì, mi contraddico, (sono vasto, contengo moltitudini.)" Secondo Whitman, chi si contraddice non è “difettoso” o “problematico”, ma al contrario ha molto da scoprire su se stesso, molto da mettere in discussione, molto da cambiare, molto da evolversi. Un concetto, questo, molto vicino alla teoria del Voice Dialogue.

C’è un episodio divertente capitatomi quest’inverno: stavo terminando un percorso di coaching con una manager super-stimolante, esperta di comunicazione. A un certo punto, ella afferma en passant “sai, io contengo moltitudini”; da appassionato di Bob Dylan, mi affretto a chiederle se anche lei ami l’album “Rough and Rowdy Way” e lei mi risponde di non conoscerlo affatto. Quindi, contentissimo di condividere una mia passione con una persona che stimo, esclamo “Inconsapevolmente, hai appena citato Bob Dylan!” e lei mi corregge “No, consapevolmente, ho appena citato Walt Whitman”. Che figura! Culminata con grandi risate e me a ordinare le raccolte di poesie di Whitman…

Grazie a questa situazione ridicola ho potuto leggere e approfondire la produzione poetica di Walt Whitman, comprendere la citazione di Bob Dylan nel suo brano “I contain multitudes” e, di conseguenza, coglierne un senso più ampio. Oggi te ne voglio parlare perché, come vedremo tra poco, il presente concetto di “moltitudine” e la teoria del Voice Dialogue sono estremamente contigui.

Un celeberrimo verso di Whitman recita: “Mi contraddico? Ebbene sì, mi contraddico, (sono vasto, contengo moltitudini.)”; in tal modo il poeta conferisce normalità e dignità a qualcosa che generalmente viene considerato un difetto. Secondo Whitman, chi si contraddice non è “difettoso” o “problematico”, ma al contrario ha molto da scoprire su se stesso, molto da mettere in discussione, molto da cambiare, molto da evolversi.

I più fortunati sono spinti sin dall’infanzia ad aderire ai propri principi e a onorare i propri valori, ma raramente si dice loro che il modo in cui ciò debba essere fatto è soggetto ad “aggiornamento”, essendo noi stessi in continuo cambiamento, così come il contesto in cui siamo inseriti. Quante volte ci è stato intimato di essere coerenti per non apparire deboli e inaffidabili! Bene, Walt Whitman ribalta questo concetto, affermando che la persona che NON si contraddice non ha considerato la propria vita abbastanza a fondo o conduce una vita interiore troppo semplice, e quindi povera.

Ma Whitman ci invia anche un altro monito: essere contraddittori fa parte della natura umana e, anche solo per tale motivo, non dovremmo vergognarcene, bensì onorare questo aspetto dell’Uomo: essere in contraddizioni con noi stessi è la nostra realtà, perché siamo una “moltitudine” di diversi Sé, ognuno con la propria personalità, atteggiamenti, linguaggio, valori…

Secondo alcuni critici, Whitman, parlando di “moltitudine”, si riferisce anche agli Stati Uniti d’America, da sempre crogiuolo di culture, tessendo un collegamento tra il singolo e la comunità, tra la nostra vita interiore e il sistema a cui apparteniamo.

Ma c’è anche un altro livello di interpretazione, molto semplice, quasi banale: se penso a me stesso, alla mia identità, posso certamente affermare di essere un coach, un padre, un ingegnere, un napoletano, un cittadino europeo, un radicale e un altro paio di “cose”… Anche questa è una piccola moltitudine che mi abita e che, con le dovute e opportune modifiche personali, abita ciascuno di noi.

È difficile accettarmi non come uno, ma come sette o otto? Per niente, soprattutto da quando ho ampliato la mia visione attraverso lo studio di Jung, del system thinking e del Voice Dialogue. Da quando i miei paradigmi si sono evoluti, non sono solo consapevole che ognuno di noi contiene moltitudini di voci ed energie, ma ritengo anche che ognuno dovrebbe avere/conquistare la libertà e lo spazio per agire o non agire su di esse nel modo in cui lo desidera, con assoluta consapevolezza.

E da qui non posso non approdare sulla canzone “I Contain Multitudes” di Bob Dylan, che ci dice in estrema sintesi che nessuna definizione, per quanto sconfinata, potrà mai contenere ciò che una persona è. E Bob Dylan – come al solito (ovviamente sono di parte) – va oltre, molto oltre le riflessioni di Whitman e nel suo brano porta il concetto su un piano cosmico, che travalica tempo e spazio. Non parla più dell’epoca delle guerre di secessione americane o del nostro ventunesimo secolo, non parla degli Stati Uniti d’America o dell’Europa o del mondo, no: Bob Dylan abbraccia il tempo, la storia, lo spazio, personaggi storici come inventati, scrittori e testimoni dell’Olocausto, artisti, Beethoven e i Rolling Stones, belle ragazze e vecchie regine, la vita e la morte, contraddizioni di idee e contraddizioni di stati d’animo. Perché tutto ciò è dentro di noi, è contenuto nel nostro flusso di coscienza e nel continuo dialogo interno tra i nostri Sé.

“Today and tomorrow and yesterday too

The flowers are dying like all things do”

“What more can I tell ya,

I sleep with life and death in the same bed”

Bob Dylan, “I contain multitudes”, 2020

Contattami per avviare un percorso di Coaching e Voice Dialogue! La prima call, detta “chemistry meeting”, è gratuita.

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Immagine di Gianfranco Nocilla

Gianfranco Nocilla

Master Certified Coach MCC
Team Coach ACTC
Executive & Transition Coach
Voice Dialogue Facilitator

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