
Che disgrazia l’AI!
Un’esplorazione dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul coaching professionale, tra opportunità evolutive, rischi etici e l’irriducibile valore della relazione umana.
Dei rapporti che si creano con i coachee ne vogliamo parlare? Intendo quella connessione sincera e duratura, che si crea talvolta tra coach e coachee al di là e oltre le sessioni e i percorsi di coaching.
Nel vasto panorama del coaching professionale, l’elemento che, a mio avviso, distingue e caratterizza un Master Coach (e qui non mi riferisco alle credenziali ICF, ma alla maturità con cui si incarna ed esplica il proprio ruolo di coach) è la capacità di andare oltre l’erogazione di sessioni e programmi, instaurando un legame autentico e profondo con i propri coachee. Questo legame può trasformarsi in una vera e propria relazione di amicizia, che supera il tempo e l’ambito professionale da cui è scaturita: a me capita di frequente ed essere informato, anche a distanza di tanti anni, di cambiamenti professionali, personali e familiari, ricevere mail e telefonate “solo” per prendere reciprocamente notizie è sempre motivo di grandi gioia ed orgoglio.
Se volessi fare l’esercizio di estrapolare le competenze ICF più strettamente connesse alla creazione di questo “livello di relazione”, commetterei un errore: ciascuna di esse, infatti, ne rappresenta un tassello imprescindibile e insostituibile. L’etica è alla base di tutto, Mantenere gli accordi significa trasmettere senso di professionalità, serietà e affidabilità, diventando modelli credibili, Coltivare presenza e sicurezza permette di edificare un ambiente che emani empatia, interesse ed esperienza. L’evocazione della consapevolezza è connessa, tra l’altro, alla sensibilità e al coraggio che il coach deve mettere in pratica, a vantaggio della qualità del rapporto col coachee. Così come la facilitazione della crescita del coachee ci conferma nel ruolo di agenti di cambiamento e di trasformazione.
Nonostante ciò, credo che il trinomio composto da ascolto, rispetto e fiducia sia molto determinante in questo contesto e non è un caso che i tre elementi appena citati siano anche i cardini principali su cui si sviluppa il concetto di “presenza” del coach. Vediamoli uno per uno:
Quando questi tre elementi si fondono, la presenza si amplifica; si può sviluppare, in tal modo, una relazione che persiste nel tempo, in cui i coachee hanno piacere di rendere il coach parte integrante della loro storia di crescita ed evoluzione. Non è la prima volta che lo scrivo e lo dico: essere coach non è solo una professione, ma un impegno duraturo verso il benessere e la crescita degli altri.
La mia idea che i veri coach creino connessioni umane significative, che resistono alla prova del tempo, mi porta a citare l’amato Carl Gustav Jung: “L’incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c’è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati”.
Ti invito a ripensare a un rapporto professionale (con un coach, uno psicoterapeuta, un medico, un avvocato…), che è poi mutato in una piacevole relazione di amicizia.
Master Certified Coach
Executive & Transition Coach
Voice Dialogue Facilitator
Un’esplorazione dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul coaching professionale, tra opportunità evolutive, rischi etici e l’irriducibile valore della relazione umana.
L’intelligenza culturale è la capacità di muoversi con consapevolezza, rispetto e apertura nei contesti ad alta diversità, integrando le intelligenze multiple in un dialogo autentico con l’altro. In un mondo interconnesso ma ancora pieno di bias e incomprensioni, essa rappresenta una competenza trasformativa, essenziale per la comunicazione, la leadership e la co-creazione di relazioni sostenibili.
“Sopravvissuto”, “tradito”, “povero”, “depresso”…. Cambiando il linguaggio e scegliendo parole di possibilità, possiamo trasformare il nostro racconto di noi stessi, liberandoci da vecchie ferite e proiettandoci verso il futuro con maggiore resilienza e creatività.
La rielezione di Trump mi ha portato a riflettere sulle voci interiori che emergono in momenti di grande impatto: emozioni, razionalità, paure e desideri di azione.
Il Voice Dialogue ci aiuta a riconoscere e integrare queste parti, trovando equilibrio e consapevolezza.
“Love is the natural result”, dice Barry Johnson, ed è ciò che accade quando abbracciamo le polarità, trasformando tensioni in sinergie e disconnessioni in collaborazione. Ogni sistema, personale o organizzativo, trova forza nell’interconnessione e unicità, e attraverso il coaching sistemico e il Voice Dialogue possiamo scoprire insieme come creare armonia e crescita.
Fremont non solo è un delicato film sull’immigrazione, ma anche una descrizione cinematografica di un profondo percorso trasformativo attraverso competenze di coaching avanzate.
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