Vivere addormentati significa essere il risultato reattivo di avvenimenti passati, di fantasie e preoccupazioni per il futuro, di strategie legate al presente, significa scivolare attraverso la vita senza consapevolezza, agendo in modo reattivo, prigionieri delle nostre abitudini, delle nostre paure, dei nostri pregiudizi, dei nostri ricordi. Quindi un non-vivere.
Tuttavia, c’è chi si sveglia da questo torpore, scegliendo consapevolmente di agire in modo intenzionale, consapevoli di ciò che accade dentro e fuori, non più schiavi delle circostanze o dei ricordi passati, liberi, liberi di scegliere non in reazione a qualcosa, ma come atto di pura consapevolezza. [Sì, le parole scegliere e consapevolezza sono state ripetute più volte, perché si trovano al centro di questo processo!] A questo proposito, ti voglio riportare un’espressione che amo molto, utilizzata da Daniel Lumera: vivere come “manifestazione intenzionale”.
In questo stato auspicabile di veglia, si “crea la realtà” con consapevolezza, plasmando il proprio destino con un atto appunto intenzionale di potere, che va al di là delle semplici reazioni agli eventi. La vita non è più una fantasia o un sogno da inseguire, ma un’opportunità da abbracciare e forgiare consapevolmente, intenzionalmente, rispettosamente e responsabilmente. A tutti gli effetti, una nuova prospettiva sulla vita, vissuta da protagonisti, sempre nei dovuti limiti del possibile e del proprio margine di azione.
Il viaggio dal sonno alla veglia e alla consapevolezza, questa meravigliosa e impegnativa transizione, è tutt’affatto personale e il coaching si propone come una delle metodologie più indicate per accelerarlo e renderlo stabile, anche grazie al suo peculiare approccio pragmatico verso la chiarezza e la consapevolezza. Sì, il coaching senza dubbio può aiutarci a risvegliarci!
“L’uomo è una macchina. tutto ciò che fa, tutte le sue azioni, tutte le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze e impressioni esterne. Per “fare” bisogna essere.”
Georges Ivanovič Gurdjieff